In questi ultimi anni il cibo sta suscitando sempre maggior interesse, e lo dimostrano un panorama editoriale ricco di riviste specializzate e di guide enogastronomiche, ed una programmazione televisiva infarcita da trasmissioni dove cuochi stellati si alternano ai fornelli proponendo spesse volte virtuosismi culinari che difficilmente saremo in grado di riprodurre oppure presentando perfide competizioni tra cuochi neofiti o semplici appassionati disposti a tutto pur di indossare un grembiule con il loro nome e di apparire sul piccolo schermo.

Passiamo molto tempo a guardare chi cucina in televisione, ma nelle nostre case cuciniamo sempre meno. Questa costatazione mi ricorda il saggio di Michael Pollan, “Cotto – Storia Naturale della Trasformazione”, nel quale l’autore analizza con lucidità questo momento storico; egli sostiene che stiamo vivendo un’esperienza surrogata nei confronti del cibo perché siamo affascinati da chi cucina al posto nostro, “ … voltando [contemporaneamente] le spalle alla cucina, mettendo la preparazione di gran parte dei nostri pasti nelle mani dell’industria alimentare”.

 Il cibo e la cucina rappresentano la storia e la cultura dei popoli. Ridare centralità al cibo significa riconsiderare il nostro rapporto con il mondo, con la terra, con l’agricoltura, con i metodi di produzione. E’ innegabile che l’industria alimentare possa offrirci delle facilitazioni, delle scorciatoie a volte necessarie nella routine quotidiana, ma ognuno di noi dovrebbe essere consapevole delle problematiche rappresentate dal cibo industriale. Il celebre aforisma di Jean-Anthelme Brillat-Savarin, magistrato e gastronomo francese del XVIII secolo, “Dimmi quello che mangi e ti dirò chi sei” è di rilevante attualità. Una dieta alimentare praticata con il corretto utilizzo e consumo di cibi e bevande rappresenta per molte scienze mediche olistiche uno dei fondamenti cardine per il mantenimento di uno stato di equilibrio psico-fisico; è risaputo e scientificamente provato che un corretto regime alimentare ci espone, ad esempio, a minori rischi di obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

Non va dimenticato che la cucina è arte, felicità, capacità di elaborare un piatto partendo dalla materia prima. Cucinare è un piacere che ci rende liberi, liberi di scegliere quello che ci piace, di realizzare il nostro piatto scegliendo gli ingredienti, la cottura, gli abbinamenti. Senza trascurare poi la gioia della condivisione, un vero antidoto contro la noia, l’infelicità, la solitudine.

Molti dei nostri ricordi sono legati alla cucina, ad una particolare ricetta, ad un profumo custodito nel cassetto della nostra memoria. Personalmente, la fragranza dei biscotti con la marmellata mi riporta ad un’estate trascorsa in un piccolo paese dell’Alto Jonio dove, nella cucina di una cara amica, in compagnia delle donne della sua famiglia, ci siamo ritrovate in un pomeriggio assolato a sfornare pasticcini ripieni della confettura di prugne gialle del suo orto.

Giuseppe Maffioli (1925-1985), scrittore,giornalista e raffinato gastronomo, nel libro “Il ghiottone veneto”, descrive con arguzia la storia del territorio e della sua cucina, “…. In gastronomia ‘ghiotto’ vale ‘buono’, ‘desiderabile’ e persino ‘bello’. Ne deriva che il ghiottone è colui che desidera le cose ‘buone’ e ‘belle’, scegliendole dalla natura che lo circonda. […] Cucinare bene, vale scegliere: come mettere in versi, per una segreta musicalità, e i sapori e gli aromi che offre la terra, ammettendo poi che, a volte, essa produce qualcosa di perfetto, che non ha bisogno del nostro intervento, se non per quel tanto, ed è azione fondamentale, che ci guida a cercare il meglio e l’ottimo dove lo si può trovare”.

Anche Carlo Petrini, nel suo libro “Buono, Pulito e Giusto” - titolo diventato ormai uno slogan – ci fornisce una analisi peculiare ed attenta della gastronomia del XXI secolo. Il nuovo gastronomo si deve trasformare da mero consumatore a co-produttore con una maggior umiltà e senso di responsabilità nei confronti della natura. Deve poter conoscere l’intero viaggio, dalla produzione fino alla commercializzazione, che il cibo compie prima di finire sulla sua tavola. Questo processo lo porterà a scegliere liberamente e responsabilmente un cibo qualitativamente elevato, con ottime caratteristiche organolettiche, prodotto in modo etico da una agricoltura sostenibile senza l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi e nel rispetto di chi lo produce, con un’equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera di produzione.

L’arte della cucina trasforma gli alimenti ma anche il nostro modo di pensare e di agire; cucinando diventiamo più esigenti, pensiamo alla nostra salute ed al benessere generale, non ci limitiamo ad una spesa frettolosa al supermercato con l’unico scopo di riempire il carrello, evitiamo i cibi precotti e quelli lavorati diventando così meno dipendenti dalla grande industria agro-alimentare. Siamo consapevoli delle conseguenze che il modello di una agricoltura dominante ha oggi sul nostro pianeta e per questo motivo diventare membri di una comunità alimentare locale dovrà essere per tutti noi il nuovo paradigma.

Modificare il rapporto fra produzione e consumo infatti è una scelta che avrà un’importanza senza precedenti per il destino di uomini, animali e ambiente. Il cittadino, cioè colui che acquista il cibo, non sarà unicamente il consumatore ma diventerà co-produttore, iniziando a sentirsi parte del processo produttivo. Conoscerà i contadini della sua zona, imparerà ad apprezzare ed a valutare i prodotti locali e stagionali come beni imprescindibili preferendoli a quelli che sono costretti a lunghi viaggi prima di arrivare sullo scaffale del supermercato con rilevanti costi che si ripercuotono sull’ambiente, saprà instaurare un imprescindibile rapporto di conoscenza, fiducia e collaborazione con i produttori per un fine comune: quello della costruzione e del consolidamento delle comunità del cibo.

Insomma una rete di persone, luoghi, prodotti e saperi che perseguono l’obiettivo di alimentarsi in modo salutare sostenendo produzioni biologiche, biodinamiche o a Km0 che non utilizzano pesticidi o prodotti chimici di sintesi. Una comunità del cibo che pensa globalmente, mangia localmente !!!

Decidere dove fare la spesa è un gesto semplice ma non è una banalità, al contrario è un atto di particolare rilevanza e potere. Il gastronomo felice non è uno sprovveduto, ha una buona conoscenza degli elementi da trasformare perché, come dice Michael Pollan, “… ogni elemento suggerisce non solo una serie diversa di tecniche per la trasformazione della natura, ma anche un diverso atteggiamento nei confronti del mondo, un diverso tipo di lavoro e uno stato d’animo differente”.

BUON 2020!

 

Antonella Pianca

 

Fotografie di Antonella Pianca e Giovanni Damian ©2019 – Le immagini sono relative a prodotti esposti al “Terra Madre Day 2019” da alcune delle aziende di Retecontadina - Tutte le immagini sono coperte da ©Copyright dei rispettivi autori e non possono essere utilizzate in alcuna forma senza il loro preventivo consenso.

 

   
   

 

Per approfondire:

  • Giuseppe Maffioli, Il ghiottone veneto, Morganti Editore, 1992
  • Carlo Petrini, Buono, Pulito e Giusto, Giunti Editore, Milano & Slow Food Editore, Bra (CN), 2016
  • Michael Pollan, Cotto – Storia naturale della trasformazione, Adelphi Edizioni spa, Milano, 2014